LA GRANDE FORESTA
di Francesco Niccolini e Luigi D'Elia
interpretato e costruito da Luigi D'Elia
regia di Francesco Niccolini
una produzione Thalassia 2012
distribuzione INTI
Vincitore del PREMIO EOLO AWARDS 2013 - “Miglior Novità”
disponibile anche in spagnolo
"Sono stato troppo occupato per tutta la mia vita a cercare di non sprecarne nemmeno un po', di vita, per avere il tempo di morire"
William Faulkner, La Grande Foresta
"Se ancora mi resta qualche paura, essa deriva dalla constatazione della mia impressionante trascurabilità”
Carroll Ballard, Mai gridare al Lupo
Perché è sempre colpa del lupo?
Perché è sempre lui il cattivo delle storie?
Perché ti abituano così sin da piccolo?
Poi accade sul serio qualcosa di brutto e ogni volta è stato il lupo.
Ma nella maggior parte dei casi non è il lupo, il colpevole.
Questa è la storia dell'ultimo lupo abbattuto in Puglia, e di tutto ciò che morì con lui.
In un piccolo paese senza nome un bambino cresce tra scuola, casa e un grande bosco. Il bambino va a scuola a piedi, corre, non vuole aspettare: vuole crescere e diventare un cacciatore, come suo nonno. Suo nonno invece gli impone la lentezza, la scoperta del bosco e delle sue regole, di un mondo che si sta estinguendo, ma che – per chi lo sa guardare con pazienza – è immensamente più bello di quello che stiamo costruendo.
Dopo Storia d'amore e alberi Francesco Niccolini e Luigi D'Elia provano a raccontare un secondo angolo dimenticato di mondo: questa volta non è più un'arida montagna francese dove un uomo pianta alberi, ma un villaggio in un qualunque sud d'Italia, dove gli alberi scompaiono e – con loro – anche chi li abita, uomini e lupi.
RECENSIONI
Un'atmosfera incantata
«Luigi D'Elia di Thalassia che ci aveva già l'anno scorso convinto e commosso con “Storie d'amore e di alberi” narrandoci di un'arida montagna francese dove un uomo piantava degli alberi, anche quest'anno ci incanta con “La grande foresta ” nuova storia, presa dal vero, scritta ancora con il fido Francesco Niccolini, trasportandoci in un villaggio del mondo dove gli alberi scompaiono e con loro anche chi li abita, uomini e lupi che sembra uscito dal Dersu Uzala di Akira Kurosawa. Durante lo spettacolo D'Elia, non solo con le parole, costruisce, sì proprio costruisce, con il legno, la carta le foglie, su un lungo tavolo, la storia di una educazione, la storia del passaggio all'età adulta di un bambino che vive in un piccolo paese con il nonno tra scuola, casa e un grande bosco. Vuole crescere in fretta il nostro bambino e diventare un cacciatore, come suo nonno. Suo nonno invece gli impone la lentezza, la scoperta del bosco e delle sue regole, spiegandogli come in quel mondo vige un 'armonia che non può essere interrotta. Quando però per un attimo quell'armonia viene infranta, sarà sempre il nonno a ricomporla nella grande foresta dove nulla muore, perchè, come i grandi alberi, è lì dalla terra che tutto proviene. La narrazione commossa e commovente di D'Elia si sposa in modo assoluto con l'atmosfera incantata che pervade tutto lo spettacolo con un uso degli oggetti che mai rappresentano la parola preferendo alluderla, riverberando così soprattutto emozioni e tenerezze, purtroppo così desuete, in un mondo che purtroppo sta perdendo il contatto con la “ straziante bellezza del creato”.»
Mario Bianchi
Un racconto che è un lungo haiku
In cima al castello all’ora del tramonto, con la luce a tagliare gli stemmi appesi, scalzo Luigi D’Elia, anche artigiano e falegname e scenografo, ci porta dentro, facendocela immaginare lì con piccoli gesti antichi, “La grande foresta”, testo di Francesco Niccolini (150 repliche, portato anche a Madrid e a Santiago del Cile, Premio Eolo), che allo stesso tempo scatena il sorriso dei bambini e le lacrime degli adulti. Riduttivo chiamarlo teatro per ragazzi. Denso di metafore sul rispetto della vita, delle regole, del prossimo. Un nonno, come tutti lo avremmo voluto, che insegna, con modi bruschi e dolcezza silente, al piccolo nipote, orfano dei genitori come da migliore tradizione da cartone animato giapponese, ad andare a caccia ma allo stesso tempo ad amare la natura e i suoi abitanti e le grandi verità che regolano il ciclo della vita. Un bambino, l’ansia e l’attesa di camminare acquattato nel bosco al fianco del nonno-eroe, per scovare i lupi, questo simbolo di purezza e fierezza atavica. Un racconto anche feroce, come lo è del resto la vita non edulcorata e dolcificata dall’uomo, un racconto che è un lungo haiku, la poesia nipponica a lampi e flash che riporta in pochi versi tutta la densità che sa esprimere la Natura con tutto il suo stupore. Il nonno, molto simile al lupo, è l’emblema di un certo modo, sensibile e tenace, di stare al mondo, totalmente all’opposto e contrario, ad altre tipologie di uomini che scorrazzano impunite, come ad esempio quelli (ipotesi) che hanno ucciso, ombra di pedofilia, la bambina, l’innocenza flebile che nel bosco, non da fiaba, che nella Foresta, non sopravvive, non resiste all’urto dirompente dell’esistenza.
Tommaso Chimenti
Durata: 60 minuti
info e contatti
FRANCESCA VETRANO
Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
Tel. 340.055278